I compiti a casa sono quei lavori ed esercizi che gli insegnanti assegnano ai propri alunni e che vengono svolti al di fuori dell’orario di lezione. Il dibattito sulla loro utilità e quantità è più che mai aperto tra docenti e genitori.
Proviamo a fare chiarezza con l’aiuto della dottoressa Arianna Usilla, neuropsicologa dell’età evolutiva e psicoterapeuta della famiglia al Santagostino, per conoscerne l’origine, comprenderne l’utilità e imparare a gestirli.
Come sono nati i compiti per casa?
I compiti a casa e, in generale, la scuola italiana – almeno così come la conosciamo oggi – affondano le proprie radici nel diciottesimo secolo. Fu intorno alla prima metà del 1700, infatti, che si passò da un contesto in cui erano stati prevalentemente i genitori ad occuparsi dell’educazione dei figli (o, in alternativa, un maestro privato) ad un sistema più strutturato di scuola pubblica in aula.
Quanto tempo dedicare ai compiti a casa?
Il dibattito sull’opportunità di assegnare o meno compiti a casa è aperto ancora oggi e un consenso pieno su una posizione piuttosto che un’altra non è stato ancora raggiunto.
Un primo parametro da valutare, in questo senso, è l’orario di scuola. È chiaro che negli istituti che prevedono tempo pieno o rientri, i compiti andrebbero limitati o, eventualmente, svolti solo nei fine settimana. Ci sono alcuni approcci che, addirittura, non prevedono alcun compito a casa. Uno di questi è, ad esempio, la scuola senza zaino.
In secondo luogo, è necessario considerare l’intensità della giornata scolastica. Ad esempio, gli studenti che svolgono home schooling hanno una fascia oraria ridotta, ma più intensiva. In sostanza il tempo netto dedicato ai compiti è maggiore rispetto al metodo di educazione tradizionale che si segue a scuola, nonostante il computo totale delle ore sia inferiore.
È bene sottolineare, poi, che il processo di apprendimento dovrebbe essere nutrito anche da esperienze collaterali. I bambini avrebbero bisogno di giocare molto di più di quanto stiano facendo in questo particolare periodo storico. Prevale, invece, la cultura del senso del dovere della didattica tradizionale, per cui gli aspetti prioritari sono allenamento e impegno. Risulta, al contrario, molto meno valorizzato l’aspetto motivazionale.
Il processo di apprendimento, perché sia pienamente efficace, infatti, avrebbe bisogno di compiersi in un ambiente che in qualche modo stimoli la curiosità e la voglia di progredire. Bisogna coltivare l’extra scolastico e sarebbe opportuno fare altri tipi di esperienza oltre a quella proposta dalla didattica tradizionale.
Perché dare i compiti per casa?
Il motivo principale per il quale vengono assegnati i compiti a casa è che più ti alleni a svolgere determinati lavori più diventi bravo a farli e rendi, di conseguenza, sempre più automatico il meccanismo dell’apprendimento.
I compiti a casa consolidano un metodo di lavoro, abituano lo studente a rispettare le scadenze e a sviluppare strategie organizzative funzionali a ciò che deve fare. Inoltre, lo abituano a ricevere feedback rispetto alle proprie prestazioni supportandolo nel suo percorso di crescita.
Pro e contro: il ruolo del genitore
Tra gli aspetti positivi dei compiti a casa ci può essere la ridefinizione e il rafforzamento del rapporto genitori-figli. Se sono ben dosati, infatti, possono essere l’occasione sia per conoscere aspetti inediti del proprio figlio sia per dare continuità al percorso del quotidiano scolastico.
Per i genitori, fare i compiti con i figli può rappresentare un’opportunità di conoscerli in un contesto diverso da quello domestico. Questo, ad esempio, è stato un vantaggio collaterale della didattica a distanza (Dad), in cui molti genitori si sono accorti di peculiarità o problematiche che, magari, non erano emerse prima.
Solo facendo i compiti con i propri figli, infatti, ci si può rendere conto di cosa fanno e del livello che hanno raggiunto. In alcuni casi si tratta di vere e proprie scoperte che, diversamente, sarebbero potute rimanere celate.
StockSnap / 27555 images
(23 Novembre 2021)