L’amniocentesi è l’esame che consiste nel prelievo e nell’analisi del liquido amniotico che circonda il feto all’interno dell’utero. Lo scopo di questa procedura è principalmente quello di valutare lo stato di salute del feto e identificare eventuali patologie cromosomiche.
Con l’aiuto del ginecologo del Santagostino, Roberto Liguori, vediamo allora in che cosa consiste questo esame, quando è necessario effettuarlo e quali informazioni è possibile ottenere.
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In quale settimana di gravidanza si fa l’amniocentesi?
L’amniocentesi si esegue solitamente tra la sedicesima e la diciottesima settimana di gravidanza. Si tratta di una procedura invasiva, in quanto un ago viene introdotto nell’addome della madre fino ad arrivare all’utero.
Quanto si vede stare a riposo dopo l’amniocentesi?
In seguito al prelievo del liquido amniotico, è necessario osservare un riposo di almeno 24 ore, evitare sforzi e seguire scrupolosamente le indicazioni fornite dal clinico.
Bisogna contattare tempestivamente il medico curante, invece, nel caso in cui si manifestino sintomi quali:
- perdite di liquido
- sanguinamento dalla vagina
- febbre
- crampi addominali
- cambiamenti nei movimenti del feto (di solito questi si cominciano ad avvertire dal quinto mese di gravidanza in poi)
Essendo una manovra invasiva, l’amniocentesi comporta anche dei rischi, anche se le probabilità che si concretizzino sono molto basse. Il rischio di aborto spontaneo ha una probabilità inferiore all’1%. Estremamente rare sono anche le infezioni uterine che riguardano meno di una donna su mille. Nel 2-3% delle donne che si sottopongono al prelievo può esserci sanguinamento vaginale che, però, si risolve spontaneamente in quasi la totalità dei casi.
Quali malattie si vedono con l’amniocentesi?
L’amniocentesi ha tra i suoi obiettivi principali quello di identificare eventuali patologie cromosomiche. Questo esame, in particolare, è utile per il supporto diagnostico di anomalie di tipo genetico quali sindrome di Down, Patau, Edwards.
Ma anche di patologie genetiche come:
- distrofia muscolare di Duchenne-Becker
- fibrosi cistica
- talassemia
L’amniocentesi può servire, anche se in casi più rari, a identificare eventuali anomalie metaboliche o malattie infettive che riguardano il feto, attraverso delle analisi di tipo biochimico sul liquido amniotico.
L’amniocentesi ha un’affidabilità del 99% per quanto riguarda l’esclusione o l’accertamento di patologie di tipo genetico. I test rapidi per lo studio del patrimonio genetico del feto sono molteplici. Tuttavia, nell’eventualità in cui siano necessari studi cromosomici più approfonditi, oltre ai test rapidi che danno risultati in pochi giorni, esistono altri esami utili per la diagnosi di patologie dovute ad alterazioni submicroscopiche dei geni. Per gli esiti di queste analisi si può attendere anche dalle due alle tre settimane.
Solitamente i risultati dell’amniocentesi forniscono un risultato di tipo “sì” o “no”. Nella maggior parte dei casi, l’esito è “no”, il che significa che il feto non è affetto da alcun tipo di patologia genetica.
È consigliabile, infine, effettuare l’amniocentesi per le donne:
- con figli affetti da patologie cromosomiche
- a fronte di un esito positivo al test di screening prenatale
- con età superiore ai 35 anni e in mancanza di test di screening del primo trimestre di gravidanza
- con una storia clinica di familiarità a determinate patologie genetiche
- a fronte di risultati ecografici in base ai quali si sospetta una possibile malattia genetica
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Quanto tempo dura l’amniocentesi?
L’amniocentesi può essere eseguita ambulatorialmente. Il prelievo ha una durata di qualche minuto, ma deve essere preceduto da uno studio del feto di almeno 15 minuti. Non serve alcun tipo di preparazione particolare. Solo nel caso in cui la madre abbia gruppo sanguigno Rh negativo, può essere necessario effettuare una profilassi con immunoglobuline anti-D. Questa procedura serve a prevenire l’eventuale sviluppo di anticorpi che attaccano le cellule ematiche del feto.
Per prima cosa, la donna deve sdraiarsi in posizione supina e scoprire l’addome. Vengono quindi effettuati vari controlli attraverso l’esame ecografico quali battito cardiaco, posizione del feto e quella della placenta. Viene, quindi, individuato il punto migliore per praticare l’amniocentesi, disinfettata la cute e inserito un ago cavo e sottile. A questo punto ci si aiuta con le immagini ecografiche per raggiungere l’utero. L’operatore preleva, quindi, circa 20 millilitri di liquido dal sacco amniotico, successivamente rimuove l’ago e, infine, viene ricontrollato il battito cardiaco del feto. Nel complesso, l’intera procedura può richiedere un tempo di circa 30 minuti. Questo esame non è doloroso e non richiede alcun tipo di anestesia.
Foto di lisa runnels da Pixabay
(6 Agosto 2021)