Skip to content
Pubblicato inGenitori

Il test del DNA fetale

Il test del DNA fetale è un test prenatale non invasivo che serve a calcolare la probabilità che il feto presenti alcune anomalie genetiche. Insieme agli specialisti del Santagostino, vediamo quando farlo e perché.

Il test del DNA fetale è un test prenatale non invasivo. Si tratta di un test di screening che non sostituisce gli esami diagnostici, ma permette di calcolare la probabilità di alcune alterazioni cromosomiche nel feto.

La dottoressa Vera Bianchi, specialista in genetica medica del Santagostino, risponde a tutti i dubbi delle donne in gravidanza in merito al test del DNA fetale.

Prenota un test dna fetale

Perché si fa il DNA fetale? Quali malattie si vedono con il test del DNA fetale?

↑ top

Il test del DNA fetale è un esame di screening che permette di analizzare il DNA fetale che durante la gravidanza è presente nel sangue materno, e di calcolare così il rischio di alcune anomalie cromosomiche nel feto:

  • trisomia 21 (sindrome di Down) 
  • trisomia 13 (sindrome di Patau) 
  • trisomia 18 (sindrome di Edwards).

L’esame è anche in grado di valutare i cromosomi sessuali X e Y, permettendo di considerare le malattie legate a questi, come:

  • la sindrome di Turner
  • la sindrome di Klinefelter.

Il test del DNA fetale non è un test diagnostico, dunque non sostituisce i classici esami diagnostici invasivi come amniocentesi e villocentesi: si limita a indicare la percentuale di rischio delle malattie genetiche sopra elencate.

Se condotto nella sua versione estesa, l’esame può inoltre valutare alcune malattie metaboliche rare e  microdelezioni, vale a dire anomalie causate dalla dispersione di frammenti di DNA nel corredo genetico, che potrebbero essere legate all’insorgenza di disturbi del neurosviluppo.

Come si fa il test del DNA in gravidanza?

↑ top

L’esame consiste in un semplice prelievo del sangue e si basa sulla misurazione delle quantità di specifiche sequenze di DNA per ciascun cromosoma.

Per fare il test non è necessario essere a digiuno. Chiaramente essendo un esame non invasivo, non comporta rischio di aborto, che interessa invece in percentuali variabili gli esami invasivi. Le donne lo vedono come un passaggio preliminare prima di decidere se sottoporsi, eventualmente e sotto indicazione del proprio medico, a un esame invasivo.

Bitest, translucenza nucale e DNA fetale a confronto

↑ top

Nel percorso che prende il nome di screening del primo trimestre,  il test del DNA fetale si presenta come complementare agli esami canonici che sono:

  • il Bi test, anche detto duo test o test combinato
  • la traslucenza nucale, vale a dire la valutazione dello spessore della cosiddetta plica retronucale del feto

Il Bi test è un’indagine più completa rispetto alla sola misurazione della translucenza nucale. Dà la possibilità di conoscere attraverso l’analisi di due ormoni la funzionalità della placenta e la crescita fetale nell’ultimo trimestre gravidico. Si tratta di un esame a 360 gradi sulla salute della donna, perché valuta la parte ostetrica, quella ecografica e quella cromosomica.

D’altra parte, il test del DNA fetale ha un valore predittivo maggiore e ha una percentuale più bassa di falsi positivi. Può essere eseguito con maggiore anticipo, così da conoscere prima le condizioni di salute del feto.

Test del DNA fetale: le indicazioni delle società scientifiche

↑ top

I primi test del DNA fetale sono arrivati in Italia nel 2011, le linee guida del Ministero della Salute del 2015 hanno poi cercato di regolamentare questa offerta come test del primo trimestre di gravidanza.

In queste linee guida, la Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (S.I.G.O.) e la Società Italiana di Genetica Umana (SIGU) affermano che sarebbe ideale accompagnare l’ecografia del primo trimestre (almeno la traslucenza nucale) con il test del DNA fetale.

In che settimana si fa il DNA fetale? 

↑ top

Il test del DNA fetale può essere eseguito a partire dalla decima settimana di gravidanza. Non si hanno ad oggi delle linee guida nazionali che indichino se fare il test del DNA fetale prima o dopo la translucenza nucale, ma, come accennato, dal 2015 ne viene raccomandata l’esecuzione. 

Le linee guida raccomandano almeno un controllo ecografico dopo l’undicesima settimana. Tale controllo è volto anche all’identificazione precoce di malformazioni, come ad esempio le cardiopatie (per le quali l’incidenza è di un bambino su 400). Vi è poi la possibilità di completare le informazioni ecografiche con il test del DNA fetale.

In generale si può dire che il test si esegue a partire dalla settimana indicata dalla casa madre del test. Non esiste un termine ultimo per la sua esecuzione ma, convenzionalmente, sarebbe indicato entro la sedicesima settimana di gestazione. Queste tempistiche consentono di valutare un’eventuale interruzione volontaria della gravidanza, anche attraverso approfondimenti successivi, la cui tempistica deve rispettare i termini della legislazione italiana (legge 194/78).

Per chi è raccomandato il test?

↑ top

Il test del DNA fetale può essere eseguito da tutte le gestanti. È in particolar modo raccomandato per tutte le donne che presentano fattori di rischio, come:

  • età superiore a 35 anni
  • familiarità alle anomalie cromosomiche
  • figli affetti da malattie cromosomiche
  • diversi precedenti aborti
  • test di screening prenatale positivo.

Risultati e attendibilità del test

↑ top

Per ciascuna delle variazioni genetiche analizzate, il test del DNA fetale fornisce due esiti possibili:

  • basso rischio
  • alto rischio.

Qualora l’esame indichi un basso rischio, la probabilità di presenza di quella particolare variazione va reputata molto bassa. Al contrario, un eventuale esito di alto rischio suggerisce un’alta probabilità che sia presente un’alterazione cromosomica nel feto. In questo caso, il genetista, in accordo con il ginecologo curante, proporrà alla madre i percorsi di verifica più opportuni, l’esame invasivo o controlli ecografici

Il margine di errore del test del DNA fetale è inferiore all’1% per i falsi negativi. L’attendibilità supera quindi il 99%. I falsi positivi dipendono dal cromosoma: sono molto bassi per la sindrome di Down, mentre per i cromosomi 13 e 18 possono essere più alti. 

L’affidabilità del test è più alta per la ricerca degli stessi cromosomi indagati nel Bi test: sindrome di Down e trisomie 13 e 18 (sindrome di Patau e sindrome di Edwards). Le altre ricerche al di fuori dei tre cromosomi citati non sono invece supportate da casistiche scientifiche estese. Non sussiste, cioè, un supporto della letteratura scientifica tale da indicarne l’applicazione a tutta la popolazione.

Il percorso auspicabile per la paziente è quello che prevede un colloquio con il medico genetista, prima della decisione di sottoporsi al test. In questa occasione sono spiegati i pro e i contro, la possibilità di falsi positivi e falsi negativi e l’opportunità di verifica quando il risultato è nullo o parziale. 

Un secondo colloquio è previsto nel momento della restituzione del referto. Al Santagostino è previsto un percorso del tipo appena descritto.

Nella sede di Milano Santagostino Donna, nel corso della stessa giornata, è possibile sottoporsi allo screening del primo trimestre e avere un colloquio con il medico genetista per ricevere informazioni sul test del DNA fetale.

Test del DNA fetale: quale scegliere?

↑ top

È compito del genetista indicare quale test sia più adatto, in base alle caratteristiche personali della paziente. Anche per questo motivo è fondamentale la fase del colloquio preliminare. 

In epoca di telemedicina, esiste la possibilità di fare il test al proprio domicilio. Di norma viene eseguito da personale infermieristico, a seguito del colloquio preliminare online con il medico genetista.

Riguardo alla possibilità di ricercare sindromi cromosomiche che possono dare autismo, in alcuni kit ampliati del test del DNA fetale questo è possibile. Bisogna innanzitutto capire se si parla di autismo genetico: non tutte le forme di autismo sono su base genetica. Ma è bene ricordare che non è questo l’esame d’elezione del DNA fetale, nato principalmente per la ricerca del cromosoma della trisomia 21.

Quanto tempo ci vuole per avere i risultati del test del DNA fetale?

↑ top

In genere, la paziente riceve i risultati in una decina di giorni. Alcuni kit garantiscono un responso in 5 giorni lavorativi, e sono indicati per le pazienti che si sottopongono al test più tardi di altre.

Prenota un test dna fetale

Quanto costa l’esame del DNA fetale?

↑ top

Nel 2018 le linee guida del Ministero della Salute sono state aggiornate, e una ulteriore revisione è avvenuta dopo due anni nel 2020, a fronte del miglioramento delle conoscenze. Nella proposta del 2018 la SIGU ha pensato gli scenari per il futuro riguardo al test.

A differenza degli altri testi non invasivi, per l’esame del DNA fetale attualmente non è entrata nella pratica clinica la totale copertura da parte del Sistema sanitario nazionale poiché non tutto il territorio nazionale è dotato di laboratori pubblici abilitati alla sua erogazione. Esiste un progetto pilota in questo senso nella Regione Emilia Romagna, mentre la Regione Toscana partecipa a una quota di copertura del costo sostenuto dalle pazienti.

Al Santagostino, il test del DNA fetale parte da 550 euro ed è possibile prenotarlo a questo link.