Gravidanza

Cos’è e quando fare il bi test in gravidanza?

Si tratta di un prelievo di sangue materno per la ricerca di due ormoni, la frazione libera dell’Hcg e PAPP-A e serve a calcolare il rischio di anomalia cromosomica

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Cos’è e quando fare il bi test in gravidanza?

Il bi test è un esame di screening che viene svolto nell’ambito della diagnostica prenatale ed è finalizzato a calcolare il rischio che il nascituro possa sviluppare anomalie cromosomiche come la sindrome di Down.

Con l’aiuto della specialista in ginecologia e ostetricia del Santagostino, Sara Gaita, proviamo a capirne di più su questo esame, a cosa serve e quando sarebbe necessario effettuarlo.

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Che cos’è il bi test?

Il bi test è un esame che viene associato alla translucenza nucale nell’ambito del test di screening del primo trimestre chiamato test combinato. Incrociando gli esiti di questi due test è possibile calcolare il rischio che il nascituro posso sviluppare anomalie cromosomiche come:

  • sindrome di Down o trisomia 21
  • trisomia 13 e 18

Il bi test consiste in un prelievo di sangue materno per la ricerca di due ormoni:

  • la frazione libera dell’Hcg
  • PAPP-A, una proteina di origine placentare

Non è necessario osservare il digiuno per eseguire il dosaggio di queste due proteine. Il prelievo andrebbe effettuato tra la nona e massimo l’undicesima settimana di gravidanza per aumentare la sensibilità del test.

Il calendario della gravidanza

La translucenza nucale, invece, consiste in un’ecografia che andrebbe effettuata nella dodicesima (tredicesima al massimo) settimana di gravidanza (leggi anche: come si calcolano le settimane di gravidanza).

Di norma, i due test vengono effettuati separatamente, ma in alcuni casi, quando ad esempio la madre si accorge tardi della gravidanza e i tempi sono più ristretti, si possono anche fare insieme.

Utilizzare due esami indipendenti significa aumentare statisticamente la sensibilità dell’esame.

Valori bi test, quando preoccuparsi

Incrociando gli esiti del bi test e della translucenza nucale è possibile calcolare, attraverso un software di elaborazione, il rischio di sviluppare in primis la trisomia 21 o sindrome di Down, e poi anche delle trisomie 18 e 13.

Solitamente, il primo parametro utilizzato per valutare la probabilità di sviluppare patologie cromosomiche è l’età. Tuttavia, questo fattore ha una sensibilità del 50%. Il test combinato, invece, può arrivare anche all’85-90%.

Lo scopo è avere una personalizzazione del rischio per le principali patologie cromosomiche senza dover ricorrere ad un esame invasivo prelevando materiale biologico fetale, che è gravato da un rischio di aborto.

Il bi test e la translucenza nucale sono due test separati e indipendenti l’uno dall’altro, ma la restituzione dell’esame è unica. L’esito viene espresso in termini di probabilità (ad es. 1 su X). Di conseguenza, il rischio può essere basso, medio o alto.

In caso di rischio intermedio o alto, si può decidere di effettuare esami invasivi come l’amniocentesi o la villocentesi, oppure di avvalersi di un ulteriore test di screening: il Dna fetale.

Quando fare il test combinato?

La decisione di effettuare il test combinato è discrezionale. In gravidanza non c’è nulla di obbligatorio e ogni esame viene discusso in sede di consulenza con lo specialista, di caso in caso.

Sicuramente, però, bi test e translucenza nucale sono esami che vengono raccomandati di routine. L’idea è quella di proporli alle pazienti a basso rischio (donne under 35) allo scopo di intercettare la rarità. Nelle donne di età superiore ai 35 anni, invece, lo scopo sarebbe quello di evitare il ricorso a esami invasivi, il cui rischio di aborto indotto dalla procedura in letteratura è stimato intorno allo 0,5-1%.

Il test combinato, infatti, non essendo un esame invasivo, comporta un rischio pari a zero e non richiede alcun tipo di preparazione specifica.

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Con il bi test si vede se è maschio o femmina?

Con il bi test non è possibile determinare il sesso del nascituro. Al limite, lo si potrebbe fare attraverso l’ecografia, anche se il margine di errore è piuttosto alto.

Scoprire se il bambino sarà maschio o femmina è, invece, possibile nel caso in cui siano necessari esami di approfondimento come la villocentesi o l’amniocentesi, attraverso il prelievo e l’analisi del Dna fetale.

Foto di BRUNA BRUNA da Pixabay