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Ospedale Gaslini, per bambini immunodepressi non aumenta il rischio di contrarre Covid-19

L'equipe nefrologica dell'istituto genovese ha dimostrato che per i bambini immunodepressi per trattamento cronico di malattia renale severa non c'è un rischio aumentato di contrarre il Covid-19

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Ospedale Gaslini, per bambini immunodepressi non aumenta il rischio di contrarre Covid-19

Per i bambini immunodepressi per trattamento cronico di malattia renale severa non esiste un rischio aumentato di contrarre il Covid-19. A dimostrarlo, per la prima volta a livello internazionale, l’equipe nefrologica dell’Istituto Gaslini di Genova.

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Un milione di persone nel mondo a rischio di “sotto-trattamento”

«Un effetto collaterale della pandemia Covid-19 è l’aver ridotto le cure dei pazienti con malattia immunologica ed autoimmune», ha spiegato il dott. Gian Marco Ghiggeri, Direttore dell’UOC Nefrologia dell’ospedale pediatrico. Questo è avvenuto nella convinzione che le stesse cure causassero il rischio di contrarre l’infezione da SARS-Cov-2. A questo proposito, nella nota diffusa dall’ospedale Gaslini si fa riferimento a circa 1 milione di persone nel mondo a rischio di “sotto-trattamento” e di riaccensione della malattia da cui sono affetti.

Durante la pandemia di Covid-19 molte comuni pratiche terapeutiche hanno dovuto subire delle necessarie rettifiche. La nota diffusa dall’ospedale Gaslini mette in luce, in particolare, come in campo nefrologico non fosse chiaro un eventuale collegamento fra le terapie immunosoppressive e un maggiore rischio di contrarre l’infezione di Sars-CoV2 o di sviluppare una malattia più grave.

Una convinzione, «non provata scientificamente e diffusa fra gli specialisti del settore»,  precisa il dott. Ghiggeri, «che rischia di produrre danni in termini di salute quasi paragonabili all’infezione da SARS-Cov-2 stessa».

Lo studio dell’Istituto Gaslini

L’ospedale pediatrico ha condotto uno studio su 300 bambini e giovani adulti trattati negli ultimi 3 anni. Tutti i pazienti coinvolti, che vivevano in Italia in aree ad alta incidenza di SARS-CoV-2, dal 27 febbraio al 7 aprile 2020 sono stati intervistati settimanalmente, con lo scopo di valutare il loro stato di salute e quello dei conviventi. Di questi, sette pazienti avevano convissuto con famigliari affetti da Covid-19. Nessuno dei pazienti coinvolti nell’indagine, pur essendo immunodepressi, ha contratto la malattia.

Un risultato che cambierà il destino terapeutico di molti pazienti

Per il dott. Ghiggeri, i risultati dello studio portano ad affermare che durante il periodo Covid è possibile l’utilizzo di «immunodepressioni massicce, senza aumentare minimamente il rischio di contrarre il Coronavirus».

La ricerca è stata pubblicata su CJASN, Clinical Journal of the American Society of Nephrology. «Tale dimostrazione, definita dalla stampa scientifica internazionale come eccellente, cambierà il destino terapeutico di molti pazienti che riprenderanno un adeguato trattamento, come la severità delle malattie di base richiede», ha concluso il Direttore Ghiggeri.

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