Quando si parla di educare i bambini all’autonomia non si intende lasciarli soli nello svolgimento delle attività per far sì che si gestiscano per conto proprio. Al contrario, vuol dire accompagnarli passo passo a sviluppare le proprie competenze e capacità.
Come rendere un bambino autonomo
Educare un bambino all’autonomia quindi significa trasmettergli che può farcela da solo, che i genitori ci sono per lui se ha bisogno, ma che hanno fiducia in lui e nel fatto che possa riuscire.
Questo messaggio è importantissimo, perché consente al piccolo di costruire una sana autostima e fiducia in sé stesso e nelle proprie capacità, aspetti che si riveleranno fondamentali per lo sviluppo.
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Il ruolo del genitore
In questo percorso i genitori hanno un ruolo chiave. Mamma e papà dovrebbero affiancare il bambino e lasciarlo libero, anche di sbagliare, senza criticarlo o fornire continue indicazioni, per evitare che il bambino si spazientisca e rinunci a cimentarsi e quindi ad apprendere o si senta inadeguato.
È fondamentale invece gratificare i suoi tentativi di autonomia in ogni tappa dello sviluppo, rispettando i suoi tempi e complimentandosi con lui per i suoi successi, di modo da contribuire alla sua serenità e sicurezza in sé stesso.
Quando iniziare
L’educazione all’autonomia rappresenta un processo che inizia già nei primi mesi di vita: non si tratta di una tappa che viene raggiunta in un momento particolare.
Per comprendere quando e come iniziare tale processo è dunque fondamentale avere in mente non solo l’età del bambino, ma anche gli strumenti a sua disposizione e il suo livello di sviluppo. È importante inoltre sostenerlo rispettando i suoi tempi e non sostituendosi a lui.
A partire da quando il bambino mostra di saper fare alcune cose da solo (ad esempio stare seduto, camminare, mangiare), il genitore può smettere di fare per lui alcune cose e lasciare che le faccia da solo. Ciò gli consentirà di acquisire nel tempo competenze pratiche, ma anche cognitive ed emotive, come prendere decisioni, essere responsabile e sentirsi sicuro di sé.
Gli step evolutivi
La conquista dell’autonomia avviene per step e in relazione ai ritmi evolutivi del singolo bambino.
Ad esempio, c’è chi impara a camminare intorno ai nove-dieci mesi, mentre altri a un anno o oltre. Qualcuno inizia a parlare prima dell’anno, mentre altri imparano a pronunciare delle frasi anche a due o tre anni.
In aggiunta alle caratteristiche personali, sono fondamentali gli stimoli motori, verbali, cognitivi e affettivi che i piccoli ricevono da chi si prende cura di loro. In generale, si può delineare questo quadro:
- tra l’anno e mezzo e i tre anni si può iniziare a lavorare sull’autonomia di movimento e linguistica, lasciando che il bambino cammini da solo o esprima verbalmente i propri bisogni. Se si nota che vorrebbe mangiare da solo, si può cucinare qualcosa che gli piace e proporglielo spezzettato in un piatto quando è l’ora del pasto;
- tra i tre e i cinque anni può cominciare a svolgere in autonomia alcuni piccoli compiti, come riordinare i propri giochi o indossare alcuni indumenti;
- tra i cinque e gli otto anni potrà lavarsi e vestirsi da solo, fare i compiti, aiutare ad apparecchiare e sparecchiare. Lasciare che sia lui a preparare lo zaino, affiancandolo e supportandolo, gli consentirà di imparare l’ordine o l’organizzazione;
- dagli otto anni all’adolescenza lo si potrà poi educare alla responsabilità e alla pianificazione delle proprie attività scolastiche, del tempo libero e delle faccende domestiche. Quando si tratta dei compiti, il genitore non dovrebbe sostituirsi al bambino, ma piuttosto creare le condizioni per cui sia il bambino a poter svolgere i compiti in autonomia e tranquillità.
Gli errori da non fare
Spesso i genitori esprimono il desiderio che i loro figli siano o diventino autonomi. Altrettanto spesso però appaiono spaventati dal raggiungimento della loro autonomia. Questo può condurli ad avere un atteggiamento eccessivamente protettivo nei confronti dei bambini, per timore di perdere il controllo o che la situazione gli sfugga di mano.
Pensiamo ai genitori che trovano sempre soluzioni ancor prima che i bambini si siano posti un problema, anticipano i loro bisogni anziché ascoltarli: si sostituiscono a loro per evitare che vadano incontro a frustrazioni.
Naturalmente lo fanno con le migliori intenzioni possibili, ma purtroppo un atteggiamento di questo tipo può in realtà ostacolare il processo di crescita del bambino e minare la sua autostima e sicurezza di sé. Ciò può inoltre mettere in atto nel tempo un circolo vizioso e portare il bambino a viversi come incompetente e insicuro e dunque a non sperimentarsi e dipendere sempre più dal genitore e quest’ultimo a sostituirsi sempre più a lui.
Il giusto approccio
In questo percorso, è essenziale che i genitori cerchino di mettersi nei panni del proprio bambino e di ragionare dal suo punto di vista, considerandone le capacità, l’esperienza, le emozioni e le difficoltà.
È importante che il genitore sia realista rispetto alle attività che il bambino può fare e che rispetti il suo livello di sviluppo, che cerchi di incoraggiare anziché imporre l’attuazione delle piccole autonomie. In generale osservare i segnali che il piccolo manda e comunicare con lui sono sempre comportamenti che veicolano supporto emotivo e fiducia, aspetti alla base dell’autonomia.
Siamo nati per camminare
A Milano solo il 2% degli alunni delle scuole primarie va a scuola senza essere accompagnato da un adulto: “Una scarsissima autonomia che ha implicazioni negative sullo sviluppo psico-fisico dei bambini e in particolare sulla loro autostima, sulla loro capacità di orientarsi, di socializzare”.
Ecco perché l’associazione Genitori Antismog promuove, insieme al sostegno del Centro Medico Santagostino e del Comune di Milano, il progetto Siamo nati per camminare, in cui gli alunni vengono invitati a recarsi a scuola insieme in modo sostenibile, per sperimentare in prima persona come il proprio comportamento possa contribuire alla creazione di una città più vivibile.
(27 Maggio 2019)