Un terzo dei bambini italiani soffre di malattie allergiche. Ed entro il 2020 la metà di loro svilupperà disturbi legati alla rinite allergica. Sono gli ultimi dati dei medici della Società italiana di allergologia e immunologia pediatrica. Stando ai dati del Siaip, la percentuale dei bambini under 14 che soffre di asma bronchiale sarebbe del 10%. Quasi il 20% dei più piccoli soffre di rinite allergica, mentre il 10% può presentare dermatite atopica.
Si tratta di forme patologiche che si manifestano in particolar modo al Nord. Le tipologie più frequenti sono quelle respiratorie, seguite da quelle alimentari (soprattutto legate a latte, uova e nocciole).
Tra le cause c’è il riscaldamento globale che ha aumentato la circolazione nell’aria dei pollini allergizzanti allungando anche il periodo di disagio.
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Allergie nei bambini: tipologie più comuni e sintomi
Diverse sono le tipologie di allergie che colpiscono i bambini. Le loro reazioni sono molto diverse: dal classico raffreddore fino anche all’orticaria.
- Allergie respiratorie: provocano raffreddore con secrezione nasale e starnuti. Possono essere:
- Allergie ai pollini: in genere, si verificano in primavera e producono gli stessi sintomi delle allergie respiratorie, a cui si aggiunge un intenso bruciore agli occhi.
- Allergia agli acari della polvere: fanno starnutire e lacrimare gli occhi e possono provocare prurito, gonfiori, arrossamenti e ponfi.
- Allergia al pelo del gatto o cane: provocano tutti i sintomi dell’allergia agli acari della polvere e in casi rari può far comparire anche l’asma.
- Allergie alimentari: causano orticaria, prurito in bocca, nausea, vomito, diarrea, prurito, gonfiori e arrossamenti. I cibi più allergizzanti sono: il latte, uova, pesce, frutta secca con guscio.
- Allergie ai farmaci: sono molto rare e sono provocate dagli antibiotici betalattamici (amoxicillina e simili). Si esprimono principalmente con orticaria che compare durante il periodo di utilizzo del farmaco, o subito dopo.
Quando fare le prove allergiche?
Fin dai primi mesi di vita è possibile effettuare le prove allergiche cutanee, o Prick Test, che consentono di confermare precocemente una diagnosi di allergia anche nei piccolissimi. L’esecuzione non è dolorosa e richiede solo qualche minuto e la collaborazione di bambino e genitore.
Tuttavia, sia il Prick Test che il prelievo ematochimico, utile per il Rast test (un esame allegologico di secondo livello), possono impressionare i bambini più piccoli di 7-8 anni.
Il consiglio è quindi quello di procedere agli esami solo sotto indicazione del pediatra o dell’allergologo e di evitare un abuso di test. Questo anche perché l’anamnesi dei piccoli pazienti, cioè l’analisi della loro storia clinica, permette già di formulare una diagnosi molto precisa, anche se non certa al 100 per cento.
Ad esempio, se un bambino ha il raffreddore in primavera per un paio di anni consecutivi, è molto probabile che sia allergico ai pollini e può essere utile una terapia antistaminica.
Inoltre, spesso nelle allergie alimentari non c’è piena corrispondenza tra il risultato dei test e la storia clinica. I test (sia cutanei che ematochimici), infatti, possono risultare positivi e il bimbo non avere sintomi con quel determinato allergene. Oppure, possono risultare negativi anche se il bambino ha dei sintomi.
Per le allergie ai farmaci, poi, non esiste alcun tipo di test.
Che cosa fare se un bambino è allergico
A seconda del tipo di allergia c’è una terapia diversa da seguire:
- Allergie respiratorie: si procede con la terapia antistaminica. Se i sintomi sono molto intensi, resistenti a questa terapia, può essere preso in considerazione un vaccino desensibilizzante orale. Dà però buoni risultati solo nel 70% dei casi ed è impegnativo in termini organizzativi (gocce a giorni alterni per vari mesi per 3 – 5 anni).
- Allergie alimentari: eliminare il cibo allergizzante. Spesso, specialmente per il latte e le uova, è sufficiente eliminarle l’alimento per uno o due anni e poi può essere nuovamente utilizzato.
I rimedi naturali sono efficaci?
Non hanno alcuna utilità. Anzi, sono dannosi perché danno una falsa risposta, medicalizzando il bimbo più del necessario. In quest’ottica rappresentano uno spreco di soldi e di energie.